IA nel settore musicale, una svolta epocale sotto il punto di vista artistico.
Considerazioni e riflessioni scritte insieme al mio caro amico Matteo Lupo, riguardo questo tema che affascina e terrorizza allo stesso tempo.
Nel settore musicale la tecnologia ha portato innovazione nel tempo, ora però ci troviamo nel bel mezzo di una svolta epocale a causa dell’IA, che piace e spaventa allo stesso tempo. Per questo ci poniamo domande sull’impatto che ha e che avrà. L’apporto dell’IA nel settore musicale è e sarà costruttivo o distruttivo? Sappiamo e sapremo gestire questa risorsa al meglio? Sono domande che al momento sembra non trovino risposte. Ciò che mi ha fatto venire voglia di scrivere queste righe è stato il questionario che SIAE ha mandato agli associati per provare a capire come l’autore percepisce l’impatto dell’IA nei settori artistici.
Se pensiamo a ciò che l’essere umano doveva fare nel Settecento con il calamaio sul pentagramma per comporre musica, quando scriveva partiture per ogni singolo elemento dell’orchestra, e lo confrontiamo con le possibilità odierne, come affidare ad un’altra entità la scrittura di un’ opera, ci rendiamo subito conto di quanto sia cambiato completamente il modo di fare e di concepire la musica. Sappiamo bene quanto ora sia più facile e veloce avere un prodotto musicale accettabile, ma allo stesso tempo quanto sia ancora più difficile per un artista realizzare qualcosa che lo appartenga, che lo soddisfi e lo rappresenti a 360 gradi, trovandosi di fronte una serie infinita di possibilità.
Anche prima dell’arrivo dell’IA la tecnologia veniva usata per perfezionare la musica: abbiamo sviluppato tecniche per migliorare e velocizzare il processo di realizzazione, dalla registrazione in studio fino ai lavori di post produzione, di mix e master; abbiamo inserito l’uso del computer per pulire e perfezionare suoni, per modificare qualsiasi cosa che provenisse da una semplice registrazione grezza, per sistemare imperfezioni, per abbattere i costi e via dicendo. Basta anche solo pensare a quando, in un passato non troppo lontano, si registrava su nastro ed era tutto completamente diverso, sia in termini di costi sia di prestazione e di qualità.
Va da sé che la tecnologia è stata usata non solo per perfezionare, ma anche come mezzo per sperimentare novità in modo creativo. Pensiamo ai sintetizzatori ad esempio, che con la loro nascita hanno dato vita alla possibilità di creare nuovi suoni, mai sentiti prima, e generi musicali che fondassero il loro sound proprio sui sintetizzatori. Pensiamo al correttore di note, il famoso autotune, usato inizialmente per aggiustare stonature di melodie vocali, e che in seguito ha iniziato a caratterizzare un nuovo genere musicale, la trap.
Ora, dal momento che non è più solo l’essere umano a creare, comporre, sperimentare e riprodurre, ci troviamo in uno scenario nuovo, nel quale non riusciamo a vedere l’orizzonte. Questo futuro può spiazzare l’artista, può farlo sentire piccolo e impreparato di fronte al nuovo mondo che abbiamo creato.
Ma nella sostanza, cosa cambierà sotto l’aspetto creativo, per un artista umano avere a disposizione l’IA o meno? Questa è un’analisi interessante da fare, se pensiamo che ora chiunque, senza neanche la minima competenza potrà creare una canzone con l’IA, dall’arrangiamento al testo, dal ritmo alla melodia, e poi magari spacciarla per una propria opera. Tutti questi sviluppi evidenziano come l’IA stia ridefinendo i confini della creatività e stia anche sollevando questioni legali legate al diritto d’autore. Sicuramente saranno necessarie nuove normative che possono rispondere alle nuove sfide poste da queste tecnologie e i governi e tutta l’Unione Europea dovranno presto affrontarle. E se da musicista non me la sento di affrontare e discutere interrogativi legali, voglio invece spendere alcune parole su quanto e come l’IA potrà cambiare il lavoro del musicista e del compositore.
I più catastrofisti tremano, sono convinti che le macchine potranno sostituire completamente i compositori e i musicisti. Sicuramente molti utilizzeranno i software di IA per generare brani sterili, che seguono in tutto e per tutto sonorità già conosciute e rientrano in generi prestabiliti. Ma è forse molto diverso rispetto a ciò che già accade ? Molti musicisti sotto contratto con etichette fanno i conti con le linee guida artistiche dettate dalla major e sono supportati da una produzione massiccia. Non solo: anche il lavoro del musicista è già da tempo influenzato dalle nuove possibilità date dai computer. Ora un software può creare autonomamente un beat di batteria adeguato alle nostre necessità, è vero, ma fino ad oggi una ritmica realizzata da un umano, dopo essere stata registrata, poteva essere triggerata, tanto risultare molto diversa rispetto alla registrazione iniziale.
Già da tempo quindi il lavoro del musicista e del compositore e il loro estro vengono ridimensionati dalle macchine. Sicuramente in un futuro non tanto prossimo si accelereranno ancora di più i tempi per la realizzazione e cambieranno ancora alcuni processi creativi. Ma ciò che dovrebbe fare un artista, davanti a questi grandi cambiamenti, è non lasciarsi schiacciare da questo strumento, ma piegarlo al proprio desiderio creativo per comunicare ciò che sente dentro di sé. Un artista è tale perché nutre il bisogno di esprimersi attraverso l’arte, ma se tutta la sua opera viene composta solo da un software, si può ancora chiamare artista? Per chi non vuole essere un semplice intrattenitore, il processo creativo sicuramente cambierà, ma resteranno alcune costanti, che hanno sempre caratterizzato i musicisti di ogni epoca: avranno bisogno dei loro tempi di maturazione per realizzare l’opera, ricercheranno i suoni giusti, confronteranno melodie diverse per trovare le più adatte e utilizzeranno la musica per esprimere emozioni.
Infine, sentiranno il bisogno di esibirsi dal vivo. Le nuove tecnologie sicuramente cambieranno anche la musica dal vivo. Già alcune case discografiche cercano di stringere accordi con le piattaforme di realtà aumentata per far esibire i loro artisti solo nel mondo virtuale e già alcuni musicisti si sono esibiti su queste piattaforme, ma i concerti ‘tradizionali’ saranno il luogo preferito da ogni artista per comunicare la propria arte con i fan.
I concerti continueranno ad essere i momenti preferiti dagli artisti per arrivare al cuore di chi li ascolta. Sono occasioni dove ci si lascia andare, in cui si affidano le proprie sensazioni a chi sta sul palco, grazie alle abilità tecniche di un cantante, a un semplice sospiro durante una strofa oppure alle parole dette tra un brano e l’altro; grazie agli assoli eleganti, o magari un po’ imprecisi, alle ritmiche potenti frutto di un’alchimia magica tra musicisti umani. Un insieme di esecuzioni e particolari che creano un momento unico, irripetibile, che ognuno interpreta e percepisce a modo proprio: chi come un rito, chi come un momento di condivisione, chi come momento di isolamento, chi come riempitivo. Ma sempre in mezzo ad altre persone, attraverso altre persone.
Se ci interessa restare esseri umani e godere di questo dono, dovremo capire come utilizzare al meglio l’IA, imparare a conviverci, ma mai pensare di farci sovrastare.